McKinsey & Company ha registrato un’adozione massiccia di Lilli, la piattaforma di intelligenza artificiale sviluppata internamente e lanciata nel 2023. Secondo quanto dichiarato da Kate Smaje, responsabile globale per tecnologia e AI, più del 75% dei 43.000 consulenti in organico utilizza questo strumento ogni mese. A differenza di ChatGPT, cui si può accedere internamente, Lilli consente di inserire dati riservati dei clienti in totale sicurezza. Il nome deriva da Lillian Dombrowski, prima donna assunta dall’azienda nel 1945.
Funzioni di Lilli includono la creazione di presentazioni PowerPoint a partire da semplici comandi testuali e la possibilità di regolare il tono tramite lo strumento “Tone of Voice” per adeguare i contenuti allo stile di McKinsey. Il sistema guida i consulenti nella stesura di proposte per progetti, mantenendo gli standard qualitativi del gruppo. L’interfaccia visuale consente di generare grafici e tabelle, di realizzare riassunti esecutivi e di sintetizzare punti chiave per le riunioni. Universi di competenze interne, individuati tramite ricerca mirata, sono a portata di click e l’analisi dei trend del settore viene accelerata.
L’evoluzione di Lilli ha permesso di automatizzare numerose attività tradizionalmente affidate a figure junior, ma l’azienda non intende ridurre talenti alle prime armi. “Abbiamo bisogno di eserciti di business analyst che creano presentazioni su PowerPoints? No, lo può fare la tecnologia,” Smaje ha detto a Bloomberg. “Non è che ne avrò necessariamente di meno [analyst], ma saranno occupati a fare le cose che hanno maggior valore per i nostri clienti.” Queste parole evidenziano come il focus si sposti verso interventi con maggiore incidenza strategica.
Il gruppo ha formato Lilli sull’intero patrimonio di proprietà intellettuale, composto da oltre 100.000 documenti e interviste raccolte nel corso dei quasi cento anni di attività. Stando a un partner senior di McKinsey, l’utilizzo medio arriva a 17 accessi settimanali per consulente, segno di un’impiego costante tra le squadre. Un caso di studio mostra che la piattaforma elabora oltre mezzo milione di richieste mensili, permettendo un risparmio del 30% del tempo impiegato per la raccolta e la sintesi delle informazioni.
La scena della consulenza ha visto altri protagonisti sperimentare soluzioni simili. In Bain, i consulenti hanno a disposizione Sage, chatbot basato su OpenAI; al Boston Consulting Group circola Deckster, strumento dedicato alla rifinitura delle slide. Queste innovazioni mettono in luce la corsa verso un’automazione sempre più capillare di compiti ripetitivi, con lo scopo di concentrare il capitale umano su attività a maggiore valore aggiunto, dall’analisi strategica alla gestione delle relazioni con i clienti.
Una tendenza analoga riguarda altri settori. Il CEO di IBM, Arvind Krishna, ha rivelato di aver sostituito centinaia di operatori del personale con sistemi di intelligenza artificiale, reinvestendo le risorse così liberate per assumere un maggior numero di programmatori e professionisti commerciali. Secondo Krishna, questo approccio non ha solo ridotto i costi operativi, ma ha permesso all’azienda di rilanciare la competitività sul mercato grazie a competenze tecnologiche e vendite potenziate.
Un’analisi di SignalFire, società di venture capital che monitora più di 650 milioni di profili su LinkedIn, rivela che i neo-laureati hanno costituito appena il 7% delle assunzioni nelle grandi aziende tecnologiche nel 2024, segnando un calo di 25 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Il fenomeno è in linea con una crescente applicazione dell’intelligenza artificiale per incarichi di livello base, lavoro un tempo affidato ai giovani inseriti in azienda.
La diffusione della AI in consulenza attesta un elemento di rottura nei modelli organizzativi, con compiti ripetitivi affidati a piattaforme digitali e una ridefinizione dei ruoli strategici. L’adozione di queste tecnologie dimostra come l’industria punti su strumenti capaci di ottimizzare il lavoro, accelerare decisioni e ampliare le analisi. In prospettiva, l’interazione tra intelligenza artificiale e competenze umane promette di trasformare sia le mansioni sia gli sviluppi professionali. Al contempo, emergono sfide legate a privacy e diritti di proprietà intellettuale, su cui autorità e aziende si stanno confrontando.