Contrariamente a quanto molti team di startup pensano, il lavoro di pubbliche relazioni (PR) non si esaurisce in semplici comunicati stampa o nell’ingaggio di un’agenzia di grido per conquistare una grande copertura mediatica. In realtà, le PR costituiscono uno tra gli strumenti più potenti per plasmare l’immagine di un marchio, infondere fiducia e ritagliarsi uno spazio in un mercato affollato. Spesso però chi avvia un brand non sa da dove iniziare e decide di rivolgersi a un’agenzia. Da qui derivano frequenti esperienze deludenti.
Molte agenzie, nel presentare i propri servizi, non fanno chiarezza su ciò che serve davvero per avviare questo tipo di attività. L’operato di uno studio specializzato può portare risultati, ma siete sicuri di sapere quali esiti aspettarvi e in che modo influiranno sul vostro business? Avrete risorse interne e competenze sufficienti per gestire la visibilità in crescita e affrontare i controlli più stringenti generati da una crescente esposizione? E, soprattutto, saprete coordinare la relazione con il partner esterno definendo obiettivi, budget e metriche utili per valutare l’operato? Spesso queste domande restano in secondo piano, eppure giocano un ruolo determinante per evitare sprechi di tempo e denaro. Chi lavora come agenzia difficilmente accompagna il cliente in questa fase. Quel compito spetta interamente al marchio.
Le PR, se realizzate con metodo, superano la pura emissione di comunicati: diventano leve preziose per costruire reputazione, alimentare fiducia e differenziarsi in un mercato saturo.
È meglio partire dai canali proprietari e dal racconto digitale per consolidare autorevolezza: sito web, blog, profili LinkedIn e social network permettono al brand di dialogare direttamente con il proprio pubblico senza attendere approvazioni esterne.
Prima di ricorrere a investimenti consistenti in PR, si può cominciare con strumenti a basso costo: Google Alerts per il monitoraggio di menzioni, Feedly per aggregare contenuti di settore e piattaforme di media monitoring. Intanto, lavorate su una narrazione forte che metta in luce le soluzioni offerte, un problema risolto o un trend di riferimento capace di catturare l’interesse di giornalisti e stakeholder.
In apertura, tiene banco il binomio comunicato stampa e media kit. L’era del comunicato formale non è finita, ma dovrebbe occupare una piccola parte delle vostre attività comunicative. Ogni giorno redazioni e redattori ricevono centinaia di comunicati e diverse centinaia di proposte editoriali. Se non state presentando un’innovazione dirompente, difficilmente conquisterete l’attenzione affidandovi a un testo meramente informativo. Il giornalista apprezza le storie, non i bollettini. Una volta individuato il filo conduttore più adatto, capirete quali materiali inserire nel media kit per agevolare le attività dei professionisti dell’informazione.
Per chi pianifica eventi aziendali o campagne digitali, i comunicati ottimizzati con parole chiave e dettagli su prodotti o servizi offerti possono supportare il posizionamento sul web e restare online come archivio di contenuti informativi. L’aspettativa di comparire in copertina, però, va eliminata.
Sbaglia chi attende un’ok esterno prima di raccontare la propria identità: è cruciale sintonizzare fin da subito il pubblico sul vostro messaggio. Gestite la comunicazione sui vostri spazi: blog, sito e profili social. Stimolate il coinvolgimento di dipendenti e partner chiedendo loro di condividere contributi.
Create articoli sul blog che analizzino temi rilevanti per il vostro settore, prendete parte alle conversazioni su LinkedIn, mostrate il dietro le quinte e realizzate brevi video per rispondere ai quesiti ricorrenti.
Non serve un set cinematografico di alto livello se non fa parte dell’identità del marchio; meglio puntare sull’autenticità, benché la resa non sia impeccabile.
Costruendo costantemente un flusso di contenuti di valore, fornirete un portfolio di riferimenti che media, investitori e clienti potranno consultare quando valuteranno il vostro brand. Questo lavoro preliminare indicherà quali format funzionano meglio, permettendovi di investire in seguito solo sulle produzioni più efficaci.
Non servono budget stellari o un team di PR interno di grandi dimensioni: bastano un messaggio chiaro, coerenza e alcuni strumenti per mantenervi aggiornati sulle conversazioni importanti. Configurate Google Alerts per seguire menzioni del brand, dei concorrenti e parole chiave di settore. Poi utilizzate Feedly per raggruppare blog, pubblicazioni di settore e voci influenti in un unico feed.
Se dedicherete qualche minuto ogni giorno alla lettura di post e articoli, troverete spunti utili per inserirvi nelle discussioni più idonee ed esporre la vostra prospettiva.
In parallelo, accedete a servizi come Qwoted o Featured: collegano i giornalisti a fonti esperte e vi offrono l’occasione di rispondere a richieste di commento in ambito media. Pure poche risposte ponderate ogni settimana possono fruttare citazioni autorevoli e backlink solidi da siti terzi.
Per far emergere il vostro racconto, verificate che sito e profilo LinkedIn riflettano con chiarezza identità, attività e valore offerto. Giornalisti, potenziali partner e investitori spesso iniziano da qui: evitate di farli indagare sul vostro posizionamento. Un’area “Chi siamo” ben curata, con storia d’origine da presentare, aiuta a delineare il contesto e ad accelerare la comprensione del vostro progetto.
Fate un elenco di testate e di professionisti dell’informazione che si occupano del vostro settore. Leggete i loro contributi, seguite i loro aggiornamenti sui social e provate a interagire con commenti di valore prima di mettere mano alle email di pitching. Non servono piattaforme costose: basta un po’ di curiosità e tempo da dedicare alla fase esplorativa.
Questo approccio fai-da-te getta le basi per una visibilità solida e sostenibile. Potrebbe non sembrare spettacolare, ma apre porte rilevanti e vi prepara a sviluppare le PR in modo strategico con l’aumentare della maturità del brand. Quando deciderete di affidarvi a un supporto esterno — consulente, agenzia o inserimento in organico — saprete esattamente cosa serve, come valutare i risultati e quali metriche tenere d’occhio. Conoscere il meccanismo vi permetterà di proseguire da un punto già solido, rafforzando quanto avete avviato.