La Guerra Silenziosa Contro la Complessità Aziendale: Perché i Dipendenti Preferiscono Soluzioni Complicate
In questo video, un CEO racconta la sua esperienza dopo una vacanza di sei settimane, scoprendo che in sua assenza i dipendenti avevano preso decisioni che avevano reso l’azienda più complessa invece di semplificarla. Il narratore analizza questo fenomeno comune nelle organizzazioni, spiegando perché i dipendenti tendono naturalmente a scegliere soluzioni più complicate e quale ruolo fondamentale deve svolgere un CEO nel combattere questa tendenza.
Quando l’assenza del leader rivela dinamiche nascoste
Ho assistito a questa scena innumerevoli volte nelle PMI italiane: un imprenditore si allontana per un periodo significativo e al suo ritorno scopre che l’azienda non è implosa (come temeva), ma ha sviluppato nuovi processi sorprendentemente complicati.
È un fenomeno quasi universale. In assenza del leader, i dipendenti assumono maggiori responsabilità – aspetto positivo – ma spesso implementano soluzioni più complesse del necessario. Questa tendenza rappresenta un costo nascosto ma significativo per le piccole e medie imprese, dove l’efficienza operativa fa spesso la differenza tra profitto e perdita.
Ma perché accade? E soprattutto, cosa può fare un imprenditore o un CEO per contrastare questa deriva naturale verso la complessità?
Gli incentivi invisibili che guidano la complessità
La risposta è sorprendentemente semplice ma profonda: i dipendenti sono intrinsecamente motivati a creare sistemi complessi. Vediamo perché:
1. La complessità favorisce la progressione di carriera
Nelle organizzazioni moderne, le promozioni e gli aumenti sono tipicamente legati alla gestione di maggiori responsabilità, team più numerosi e processi più articolati. Un dipendente che propone una soluzione semplice che richiede meno risorse umane sta essenzialmente limitando la propria crescita professionale potenziale.
Lo vediamo chiaramente nella pubblica amministrazione italiana, dove le burocrazie tendono a espandersi continuamente. Non perché questa espansione sia efficiente per il contribuente (che in un certo senso è “proprietario” del servizio), ma perché beneficia i dipendenti di quella burocrazia.
2. Il “principio di sicurezza personale”
C’è un secondo fattore più sottile: i dipendenti raramente beneficiano personalmente del rischio calcolato. Se una soluzione semplificata fallisce, chi ne paga le conseguenze? Generalmente, il dipendente che l’ha proposta.
Questa dinamica crea un incentivo potente a scegliere soluzioni estremamente ridondanti, a prova di errore e, inevitabilmente, più complesse. È la classica mentalità da “meglio abbondare che deficere” che, mentre protegge il singolo, appesantisce l’organizzazione.
Il contrappeso: la visione dell’imprenditore-proprietario
Ecco il paradosso che spesso trascuriamo nel mondo dell’M&A e della gestione delle PMI: gli imprenditori-proprietari sono naturalmente incentivati a semplificare. È qui che entra in gioco la bellezza dell’imprenditoria tradizionale italiana.
Quando sei contemporaneamente proprietario e gestore, ogni inefficienza impatta direttamente sul tuo portafoglio. Questa realtà crea un potente incentivo alla semplificazione che è quasi impossibile replicare in strutture societarie più complesse.
Per le aziende più grandi, questo è precisamente il motivo per cui l’allineamento degli incentivi tra azionisti e management è così cruciale. I pacchetti di compensazione basati su azioni e bonus legati alla performance aziendale tentano di ricreare artificialmente ciò che viene naturale all’imprenditore-proprietario.
La missione quotidiana del CEO: dichiarare guerra alla complessità
Comprendere questo disallineamento fondamentale di incentivi trasforma la percezione del ruolo del CEO. Non si tratta più semplicemente di dirigere l’azienda, ma di condurre una guerra quotidiana contro la complessità.
In ogni riunione, per ogni proposta, il CEO efficace deve costantemente chiedersi e chiedere al team:
- “È questa la soluzione più elegante possibile?”
- “Possiamo raggiungere lo stesso risultato in modo più semplice?”
- “Stiamo considerando l’intero quadro o stiamo scegliendo la via più facile?”
Questa battaglia contro la complessità non è un’iniziativa una tantum, ma un’attitudine permanente che deve permeare ogni aspetto della leadership.
L’approccio controintuitivo: la semplicità come vantaggio competitivo
La prospettiva che spesso sfugge nel dibattito manageriale italiano è che la semplicità è un vantaggio competitivo sostanziale in un mondo dove la complessità aumenta esponenzialmente.
Ogni componente aggiuntivo, ogni passaggio procedurale extra, ogni persona in più coinvolta in un processo rappresenta un potenziale punto di fallimento. Nei mercati altamente competitivi di oggi, queste inefficienze possono tradursi rapidamente in:
- Perdita di clienti insoddisfatti
- Erosione dei margini operativi
- Partenza di dipendenti frustrati da processi farraginosi
Le PMI italiane che eccellono nella gestione della complessità – mantenendola al minimo necessario – acquisiscono una resilienza e un’agilità che le aziende più “pesanti” non possono eguagliare.
Punti salienti
- Riconoscere il disallineamento: I dipendenti sono naturalmente incentivati a creare soluzioni complesse, mentre proprietari e azionisti beneficiano della semplicità.
- Implementare il “test della necessità”: Prima di approvare qualsiasi nuovo processo, chiediti: “Questo elemento aggiunge veramente valore o stiamo solo aggiungendo complessità?”
- Celebrare le semplificazioni: Crea incentivi espliciti per i dipendenti che propongono soluzioni che riducono la complessità, non solo quelle che risolvono problemi.
P.S. Ho notato che molti dei migliori acquirenti di PMI in Italia valutano attentamente il “peso” organizzativo di un’azienda target come indicatore di potenziale miglioramento post-acquisizione. Le aziende con processi snelli ma efficaci rappresentano spesso opportunità di acquisizione più attraenti, poiché richiedono meno ristrutturazioni immediate e possono essere più facilmente integrate o scalate.
Video di riferimento
Come mettere in pratica
Un buon modo per iniziare è impostare ogni settimana una “mini‐review” dei processi in corso. Io suggerirei di:
- Stabilire tre domande fisse in ogni riunione
- “È questa la soluzione più smart possibile?”
- “Possiamo ridurre passaggi o persone coinvolte?”
- “Ogni elemento aggiunge reale valore?”
- Creare un semplice “test della necessità”
• Un foglio condiviso (Google Sheets o simile) dove ogni nuova procedura passa al vaglio di chi la propone, spiegando brevemente perché serve.
• Il team vota in 1–5 il livello di complessità e suggerisce riduzioni. - Premiare le semplificazioni, non solo i risultati
• Ogni mese evidenzio in bacheca interna la persona o il gruppo che ha eliminato un passaggio superfluo.
• Un riconoscimento pubblico richiede zero budget e crea entusiasmo per la semplicità. - Delegare micro‐ownership sui processi più lunghi
• Assegno a piccoli gruppi il compito di tagliare il 10% dei passaggi in un workflow.
• Misuriamo i tempi risparmiati e condividiamo i miglioramenti nell’intranet. - Integrare il “controllo post‐vacanza”
• Quando sto via, chiedo un report rapido con focus su eventuali nuove procedure.
• Al ritorno, confronto la complessità prima e dopo e implemento subito eventuali riduzioni.
Così combatto la tendenza naturale alla burocrazia interna, mantenendo l’azienda agile e competitiva.
Citazioni
“La complessità è il nemico dell’efficienza”
“I dipendenti preferiscono soluzioni più complesse per proteggersi”
“Chi possiede l’azienda desidera sempre soluzioni semplici ed eleganti”
“La lotta quotidiana del CEO è combattere contro la complessità”
“Incentivi sballati spingono a decisioni meno efficienti”